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Per poter procedere al recuperare il suo denaro il creditore deve vantare un credito certo, liquido ed esigibile "La legge per tutti" 9 apr 2017          Ma cosa significa? Vediamo. Debito certo, liquido ed esigibile                                                   Un debito si definisce:

certo quando risulta chiaramente nel suo contenuto e nei suoi limiti dagli elementi indicati nel titolo esecutivo ( cioè da quel documento che consente di esercitare l'azione esecutiva: ad esempio, una sentenza o una cambiale) o comunque non è controverso nella sua esistenza. Si pensi all'ipotesi in cui il creditore deve ottenere il pagamento di una fattura per avere consegnato una determinata quantità di prodotti al debitore in base a un contratto scritto nel quale è stabilito anche il prezzo della prestazione. In questo caso, il creditore dovrà essere in possesso del contratto (o comunque, in caso di accordi orali, deve poter dimostrare il contenuto degli accordi stessi) e deve provare di avere effettivamente consegnato la merce;
liquido quando il suo ammontare risulta espresso in misura determinata e non in modo generico: non è necessario che l'importo venga indicato precisamente nella sua quantità, l'importante è che essa sia desumibile da una semplice operazione aritmetica in base agli elementi indicati dal titolo. Ciò significa che se il debito riguarda cose determinate solo nel genere non si potrà iniziare un'esecuzione. Per capire cosa significa effettivamente debito liquido, si pensi all'ipotesi in cui un soggetto vanti il diritto ad ottenere una somma di denaro quale risarcimento del danno alla salute subito nel corso di un incidente stradale. Soltanto quando l'ammontare del risarcimento sarà determinato (normalmente dal giudice) e quantificato in una somma di denaro (la liquidazione) il credito potrà dirsi liquido;
Come avviene il recupero del credito?
Tali caratteristiche di un debito sono essenziali affinché si possa procedere al recupero da parte di chi vanta il corrispondente credito: si parla di recupero del credito in relazione a tutte le attività che il creditore svolge contro il debitore per ottenere il pagamento di quanto gli spetta e che, in un primo momento, non comportano l'intervento dell'autorità giudiziaria (si pensi ai solleciti di pagamento, alle diffide, ai tentativi di conciliazione imposti in determinati casi dalla legge). Si parla di attività stragiudiziale. Se questi tentativi non raggiungono l'effetto sperato (cioè il pagamento da parte del debitore) il creditore dovrà intraprendere le vie legali per ottenere quanto gli spetta attraverso l'esecuzione sul patrimonio del debitore.
Posto che la legge non prevede delle forme particolari per richiedere il pagamento, è comunque essenziale che il creditore sia in grado di provare l'invio della richiesta di pagamento e la ricezione della stessa da parte del debitore. Da questo punto di vista sono prove idonee al raggiungimento dell'obiettivo di cui si è detto:
lettera raccomandata con ricevuta di ritorno;
messaggio di posta elettronica certificata (pec) ad altro indirizzo pec.
Sconsigliabile, invece, l'uso di posta elettronica ordinaria e fax: pur dando la conferma di lettura da parte del destinatario o un rapporto di consegna positivo (nel caso del fax), non forniscono la prova certa dell'avvenuta ricezione.
Per quanto riguarda, invece, la forma della richiesta di pagamento, essa deve contenere:
l'indicazione della fonte del diritto vantato dal creditore (il cosiddetto titolo): immaginiamo che si chieda una somma di denaro per l'esecuzione di un appalto. In un caso di tal genere, bisogna indicare gli estremi del contratto di appalto, gli estremi del capitolato e specificare se si tratta di un pagamento in acconto (se il contratto prevede dei pagamenti a seconda dell'avanzamento lavori) oppure a saldo.
Esigibile quando non è sottoposto a condizioni né a termini oppure quando il termine è scaduto e il creditore può esigerne il pagamento o farlo valere in giudizio per ottenere una sentenza di condanna. Se il diritto è sottoposto a condizione risolutiva (quando, cioè, gli effetti si producono fino al verificarsi della condizione. Ad esempio: «Ti permetto di occupare il mio appartamento fino a quando mi sposerò». In questo caso l'avverarsi della condizione risolverà il contratto di comodato che avevo stipulato) il creditore può agire in via esecutiva e sarà il debitore a dover provare la condizione stessa, mentre la scadenza del termine o il verificarsi della condizione sospensiva (quella da cui dipende l'efficacia del negozio ad esempio: «Ti darò 100 euro se verrà la nave dall'Asia». Fino a quando non sarà giunta la nave non darò quello che avevo promesso) devono essere provati dal creditore. Un esempio di debito esigibile potrebbe essere quello derivante da un contratto che preveda che il debitore debba versare una somma di denaro solo dopo che è trascorso un determinato numero di giorni dalla consegna della fattura. Solo dopo questo termine, il credito diventa esigibile.
l'indicazione dell'importo preciso dovuto con l'eventuale maggiorazione a titolo di interessi;
l'invito a provvedere al pagamento in un dato termine;
l'avvertimento che, se non si adempie spontaneamente, il creditore potrà tutelarsi anche in sede giudiziale.

In generale, i diritti di credito si prescrivono (non possono più, cioè, essere fatti valere decorso un certo periodo di tempo) in dieci anni dal momento in cui il credito stesso è sorto (ad esempio, dal giorno della sottoscrizione del contratto, dall'estinzione di un rapporto di conto corrente, ecc...). Sono previsti termini più brevi per determinati tipi di credito:
cinque anni per i crediti previdenziali, i canoni dovuti per la locazione di immobili, le somme di denaro dovute a titolo di risarcimento del danno (a meno che il danno derivi dall'inadempimento di un contratto: la prescrizione è sempre di dieci anni), i crediti derivanti dalla cessazione del rapporto di lavoro, gli interessi;
tre anni per i diritti dei prestatori di lavoro e le retribuzioni per attività lavorativa di durata superiore ad un mese;
due anni per i crediti derivanti da sinistri stradali (a meno che si verifichino delle lesioni personali: il termine di prescrizione è pari a quello del reato di lesioni personali o di omicidio nei casi in cui si verifichi il decesso) e per i crediti che derivano da contratti di assicurazione;
un anno per i diritti che derivano da contratti di spedizione, trasporto, per il diritto al pagamento delle rate dei premi assicurativi, per i crediti dei commercianti per la merce venduta a soggetti che non sono a loro volta commercianti, il credito del mediatore per la provvigione.
Attenzione: se, prima che sia trascorso il termine di prescrizione, il creditore effettua la richiesta di pagamento la prescrizione si interrompe e il termine ricomincia a decorrere da zero.
Come anticipato, se il creditore non riesce ad ottenere il pagamento né a seguito dei solleciti di pagamento né a seguito delle trattative (anche in sede di conciliazione obbligatoria) che si siano nel frattempo instaurate, dovrà ricorrere al giudice per ottenere un provvedimento che accerti in via definitiva il suo diritto. Potrà scegliere: la citazione in giudizio secondo le forme del rito ordinario, instaurando, quindi, un vero e proprio processo civile nel quale il creditore, con l'assistenza di un avvocato, ha l'obbligo di dimostrare la fonte del suo diritto di credito;
il ricorso per ingiunzione, possibile quando si ha una prova scritta dell'esistenza del credito (ad esempio, il contratto e la relativa fattura). In questo caso, il Giudice che emetterà il decreto ingiuntivo con il quale ordina al debitore di pagare la somma per la quale esiste la prova scritta, assegnandogli 40 giorni di tempo per opporsi alla richiesta. In assenza di opposizione, il decreto diventa titolo esecutivo e si può procedere al pignoramento. Al contrario, se viene proposta l'opposizione, si apre un vero e proprio giudizio ordinario nel quale il creditore dovrà dimostrare la fondatezza della propria pretesa: il giudice potrà confermare il contenuto del decreto o revocarlo.

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Come opera e come funziona un agenzia di recupero crediti   (Tommaso Raffaele 24 agosto 2017)

L'agenzia di recupero crediti ha poteri nei confronti del debitore in base all'incarico conferitogli dal creditore con delega. In particolare possiamo distinguere due ipotesi

1) MANDATO GENERALE ALLA RISCOSSIONE

In questo caso, come in tutti i casi, compresa l'azione legale, il creditore non cede il proprio credito alla società di recupero crediti, rimanendone titolare, ma conferisce a quest'ultima il mandato a riscuotere ed, eventualmente, a trattare condizioni di pagamento agevolate con il debitore.

Il funzionamento del recupero del credito si articola in diverse fasi

1- delega alla riscossione

Il creditore fornisce alla agenzia di recupero credito prove certe del credito, esigibile, i nominativi dei debitori, le causali di pagamento e ogni altra indicazione utile alla riscossione e conferisce delega alla riscossione. L'agenzia comunica con lettera raccomandata A/R, telefonicamente, al domicilio e con ogni mezzo lecito il debitore, intimandogli il pagamento e la possibilità di estinguere bonariamente il debito.  Il ricevimento della lettera interrompe la prescrizione;

2- in caso di pagamento, il credito viene incassato direttamente dal creditore o dalla agenzia di recupero crediti che mette immediatamente a disposizione del creditore la somma recuperata, trattenendo la provvigione concordata;

3- in caso di mancato pagamento, l'agenzia di recupero crediti dopo un ragionevole periodo di gestione della riscossione del credito (180 gg.) restituisce la posizione al creditore. Quest'ultimo potrà quindi decidere se:

a) rinnovare il mandato,

b) avviare la riscossione a mezzo attività legale

c) gestire personalmente il recupero

d) rinunciare al credito, abbandonando la riscossione.

"RELAZIONE MESSA A PERDITA"

- L'azione di recupero crediti stragiudiziale evita l'applicazione della legge e al debitore l'aggravio delle più onerose spese legali.

- L'agenzia in quanto delegata dal mandante del credito, può stipulare transazioni, accordi "a saldo e stralcio", ed è autorizzata ad accettare pagamenti rateali e a gestirne gli incassi periodici.

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Tutto ciò che c'è da sapere prima di conferire un mandato professionale a un legale ("La legge per tutti" 26 lug 2013)

Mandato, parcelle e compensi, spese di lite, tasse, contributo unificato, condanna, sentenza;  Ecco 15 cose che devi sapere appena decidi di dare un incarico ad un avvocato.

1. Il mandato: scritto o orale

Puoi conferire al tuo avvocato un mandato scritto oppure orale. Ricordati però che se devi iniziare una causa devi rilasciare una procura scritta.

2. L'avvocato ti deve fornire l'informativa sulla privacy

L'avvocato ti deve fornire una informativa sulla privacy, evidenziando chi si occuperà dei tuoi dati all'interno dello studio e come saranno trattati. Non c'è bisogno che l'informativa sia scritta. Se conferisci l'incarico per lo svolgimento di determinate materie, l'avvocato deve anche acquisire il consenso ai fini della disciplina dell'antiriciclaggio.

3. Le tariffe minime non esistono più

Ormai non esistono più tariffari. L'avvocato è libero di farti il prezzo che vuole, anche al ribasso rispetto ad altri colleghi.

4. Le spese le anticipi tu

Le spese del giudizio - ossia le tasse più l'acconto all'avvocato - le anticipa chi inizia il giudizio. Alla fine della causa, in caso di vittoria, il giudice dovrebbe (ma non è un automatismo) condannare la parte soccombente a rifondere alla controparte gli oneri del giudizio, che così gli vengono rimborsati.

5. Mediazione obbligatoria prima di iniziare la causa

Prima di iniziare una causa devi andare in un organismo di mediazione per tentare una conciliazione con la controparte. È necessaria la presenza dell'avvocato se vuoi proseguire la causa in tribunale in caso di mancato accordo. La mediazione è obbligatoria solo per determinate materie e l'avvocato deve fornirti le informazioni necessarie per l'accesso alla procedura di mediazione.

6. Obbligo di preventivo

L'avvocato ha l'obbligo di farti un preventivo, specificando quali importi dovranno essere pagati a titolo di spese e quali è presumibile che spenderai nel corso del giudizio (quest'ultimo è un conteggio che viene fatto solo in linea di massima).

7. Se l'avvocato perde la causa, le spese alla controparte le paghi tu

La contropartita del precedente punto n. 4, è che se perdi la causa potresti essere costretto, dal giudice, a pagare anche le spese che la controparte ha sostenuto per pagare il proprio avvocato.

8. Le somme riscosse in caso di vittoria

Se l'avvocato vince la causa, è obbligato a mettere immediatamente a tua disposizione le somme riscosse, pena l'illecito disciplinare. . L'avvocato può trattenere copia della documentazione, senza il consenso del cliente, solo quando ciò sia necessario ai fini della liquidazione del compenso e non oltre l'avvenuto pagamento. L'avvocato deve mettere a disposizione del cliente le somme incassate.

9. Restituzione del fascicolo al cliente

L'avvocato non può subordinare la restituzione del fascicolo al pagamento della propria parcella, neanche qualora il cliente sia da più tempo moroso nell'adempimento dei propri impegni contrattuali.

10. Revoca del mandato all'avvocato

Puoi sempre revocare l'incarico all'avvocato, anche nel corso della causa. Per farlo è sufficiente una lettera scritta e inviata con raccomandata a.r.

L'avvocato ti deve rispondere indicandoti lo stato della causa, gli estremi e con la messa a disposizione del fascicolo in suo possesso, in modo che tu possa conferire il mandato a un altro avvocato.

11. Opportunità di revocare l'incarico

Attenzione: se revochi l'incarico all'avvocato dopo la fase istruttoria (cioè dopo che sono stati sentiti i testimoni ed espletate tutte le residue prove), potrebbe essere totalmente inutile nominare un nuovo difensore. Infatti l'attività processuale resta ormai fotografata da quello che è già stato fatto in processo. Per una serie di preclusioni processuali, il nuovo difensore ben poco potrà fare per correggere eventuali errori del precedente legale. A questo punto potrebbe essere più opportuno non pagare un secondo onorario ed evitare la revoca del mandato.

12. L'avvocato può rinunciare al mandato in corso di causa

L'avvocato è libero di rinunciare al proprio incarico, ma deve dare un congruo preavviso. Tuttavia, non potrà esimersi dal presentarsi in udienza e continuare a difendere il cliente finché non viene materialmente sostituito da un altro difensore.

13. Responsabilità dell'avvocato

Per gli illeciti posti dall'avvocato non sempre è necessario fargli causa. In determinati casi, quando essi si sostanziano in condotte contrarie alla deontologia forense, potrebbe essere sufficiente segnalare il comportamento scorretto al Consiglio dell'Ordine degli Avvocati che poi provvederà ad irrogare la sanzione. Tuttavia ciò non ti consentirà di ottenere il risarcimento del danno, per il quale è comunque necessario un giudizio.

14. La notifica della sentenza

Se hai perso la causa, è verosimile che la controparte ti notificherà la sentenza e ciò per darti la possibilità di adempiere al dispositivo contenuto nel provvedimento del giudice.

Se, invece, intendi fare appello, il termine per impugnare è di 30 giorni dalla notifica della sentenza all'avvocato (e non a te) o - se non è stata effettuata la notifica - entro 6 mesi dal deposito della sentenza.

15. L'imposta di registro

Una volta emessa la sentenza, le parti sono tenute, in solido, al pagamento dell'imposta di registro. Tuttavia, se c'è stata la condanna alle spese, la parte vincitrice potrà esigere da quella soccombente l'integrale pagamento anche di tale imposta. In ogni caso, l'Agenzia delle Entrate invia la lettera con la richiesta di pagamento ad entrambe le parti, che - come detto - per legge sono tenute in solido al pagamento.

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Cos'è una procedura stragiudiziale:

gli esempi del recupero crediti, dell'arbitrato, della transazione.
"La legge per tutti" 7 gen 2018

Il diritto ha spesso delle terminologie proprie che difficilmente comprende chi non ha fatto studi di giurisprudenza. Questo articolo serve a tradurre il linguaggio giuridico in linguaggio comune, affinché tutti ne possano comprendere il significato e, soprattutto le conseguenze. Se è vero, infatti, che la legge non ammette ignoranza, questa ignoranza va combattuta e prevenuta attraverso una spiegazione semplice.  In questo articolo cercheremo di chiarire cosa significa procedura stragiudiziale, un termine che si sente spesso nella bocca degli avvocati o dei giudici ma di cui non si afferra completamente il senso. Per quanto intuitiva, la parola ha delle conseguenze per chi ne è oggetto che vanno elencate una per una.                                                  È quello che faremo qui di seguito.                                                                                Ecco dunque cos'è una procedura stragiudiziale.

Tutto ciò che passa per il tribunale viene regolato dalla legge la quale fissa la procedura corretta da seguire per chiedere tutela ai giudici. Questa legge è costituita - a seconda del diritto leso - dal codice di procedura civile e dal codice di procedura penale. Ogni procedimento in tribunale (o dal giudice di pace) è regolamentato in rigidi binari e non c'è modo di ottenere una tutela in forme differenti o più celeri rispetto a quelle predisposte dal legislatore. Quando si fa una causa o si deposita un ricorso o si presenta un'istanza al giudice si mette in moto la macchina della giustizia proprio al pari di quando si presenta un'istanza a un pubblico ufficio (ove è necessario prima il protocollo, poi il vaglio di un tecnico, poi la risposta dell'incaricato, la firma del dirigente e del responsabile del procedimento amministrativo). Insomma, c'è un iter da seguire e rispettare. 

Una procedura stragiudiziale si svolge, invece, al di fuori del tribunale e senza alcuna regolamentazione predefinita dal codice. La parola «stra-giudiziale» lascia intendere che tutto si articola senza il controllo del giudice; resta pur sempre l'obbligo di non violare eventuali norme di legge che impongano un determinato comportamento. La caratteristica principale della procedura stragiudiziale è che, di solito, è sciolta da forme, tempi e può essere attuata anche senza avvocati o consulenti legali. Inoltre gran parte delle procedure giudiziali vengono sospese nel periodo che va dal 1° al 31 agosto (salvo casi eccezionali), mentre quelle stragiudiziali proseguono regolarmente.

Una serie di esempi riuscirà a esprimere meglio questi concetti e a far comprendere cos'è una procedura stragiudiziale.

Indice:

Il recupero crediti

la transazione

l'arbitrato

lo scambio di lettere

Il recupero crediti

Il tipico caso di procedura stragiudiziale riguarda il recupero crediti. Immaginiamo che una persona non abbia pagato alcune fatture ad una società per la fornitura di un servizio. Quest'ultima, prima di rivolgersi al giudice, attiva un procedimento di riscossione "bonario" che - anche ricorrendo a toni minacciosi e perentori - si vale solo di solleciti telefonici e lettere di diffida. Siamo quindi di fronte a una procedura stragiudiziale che non deve rispettare forme e tempi particolari (se non l'eventuale prescrizione e l'obbligo generale di comportarsi secondo buona fede e correttezza). Questa fase è, di solito, strumentale al recupero di tutti i crediti di "facile riscossione", quelli ad esempio che sono il frutto di mere dimenticanze o che possono essere incassati incutendo un po' di timore nel debitore.

Qualora l'utente non dovesse corrispondere il dovuto neanche all'esito dei solleciti, il creditore potrebbe decidere di passare alle "maniere forti" e ricorrere al decreto ingiuntivo. In tal caso, egli è tenuto a rivolgersi al giudice e rispettare le norme di procedura. Siamo quindi nell'ambito della procedura giudiziale, ossia di un iter regolamentato e scandito dalla legge.

La transazione

Un altro ricorrente caso di procedura stragiudiziale è la transazione. Si tratta di un accordo che pone fine a una lite in corso o che potrebbe sorgere. Immaginiamo due persone in causa che riescono a trovare un'intesa prima dell'uscita della sentenza; l'intesa deve accontentare entrambi i soggetti (altrimenti non si parlerebbe di transazione ma di ammissione di responsabilità da parte di un solo soggetto). In tal caso, le parti - senza l'assistenza del giudice - firmeranno un contratto in cui ciascuna delle due riconoscerà all'altra qualcosa, in cambio della cessazione della causa. Di solito a scrivere la transazione sono i rispettivi difensori, ma questo non toglie che la procedura resta ugualmente stragiudiziale. Potrebbe però avvenire che l'accordo venga raggiunto in udienza e verbalizzato davanti al magistrato; in tal caso restiamo nell'ambito della procedura giudiziale.

L'arbitrato

L'arbitrato è una forma di giustizia privata, l'unica possibile in Italia. In buona sostanza, le parti (con un contratto o una clausola contrattuale) decidono di affidare la decisione di una lite - già sorta o che potrebbe sorgere - a soggetti privati, non necessariamente avvocati o dottori in legge (potrebbe trattarsi di persone di fiducia ). Il codice di procedura civile attribuisce alla decisione degli arbitri (cosiddetto lodo) lo stesso valore della sentenza di un giudice, con la differenza che la procedura viene regolamentata dalle parti secondo la propria volontà (ferma restando una cornice generale fissata dalla legge per garantire l'imparzialità della decisione e la pari difesa delle parti). Il vantaggio dell'arbitrato - che per questo rientra tra le procedure stragiudiziali - è che è molto più rapido di una normale causa.

Lo scambio di lettere

Prima di andare in causa, le parti tendono sempre a evitare il conflitto giudiziale con una serie di scambi di lettere, di diffide, di intimazioni, con l'assegnazione di un termine ultimo per adempiere o per eliminare una situazione di illegalità. Anche queste fasi, che precedono l'eventuale giudizio, rientrano tutte tra le procedure stragiudiziali.


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Quanto Costa un Decreto Ingiuntivo? Costi e Spese da Sostenere per Ingiunzione di Pagamento 

Davide Marciano  30/06/2017

Quanto costa un decreto ingiuntivo? Sono in molti a lamentarsi, spesso più che a ragione, dei costi della giustizia italiana, soprattutto quando si tratta di recuperare crediti e quindi di somme che, ex-lege, ci spettano.

Una tutela a metà, e secondo alcuni completamente monca, dato che spesso, come avremo purtroppo modo di vedere nella nostra trattazione di oggi, i costi dei decreti ingiuntivi possono superare e di molto l'intera somma da recuperare.

Cerchiamo di capire, dunque, quali sono i costi dell'ingiunzione di pagamento, come agire e se ci conviene in sostanza utilizzare questo strumento per farci pagare.

In Questo Articolo Si Parla di:

  • 1 Il primo passo per il decreto ingiuntivo: la lettera di diffida

  • 2 Costi decreto ingiuntivo: secondo step

  • 3 I costi del decreto ingiuntivo non terminano qui

  • 4 Le somme dovrebbero essere poi pagate dal debitore

1 Il primo passo per il decreto ingiuntivo: la lettera di diffida

Il primo passo per arrivare al decreto ingiuntivo è quello della lettera di diffida. Si tratta di uno strumento al quale non possiamo rinunciare e che è posto a tutela del debitore e non a tutela nostra, che verremo considerati nel corso di tutta la trattazione, creditori nella vicenda.

La lettera di diffida e messa in mora viene affidata ad un avvocato, ed è necessaria non solo a dare notizia al debitore, ma anche per interrompere la prescrizione e dare il via al computo degli interessi moratori.

Il costo di questa operazione, da tariffario e in media nel suolo italiano, è di circa 200 euro, che anche se non sono costo diretto per il decreto ingiuntivo in sé, trattandosi di operazione assolutamente necessaria per arrivare poi al decreto ingiuntivo, devono essere necessariamente inseriti nel computo.

Se la cosa dovesse non finire qui, e purtroppo quasi mai la lettera di diffida sortisce gli effetti sperati, l'avvocato dovrà passare alle maniere forti, e cominciare l'azione legale che è appunto tesa all'ottenimento di un titolo esecutivo, dunque o sentenza o decreto ingiuntivo, che è la base dalla quale potremo muoverci per ottenere un'esecuzione forzata.

2 Costi decreto ingiuntivo: secondo step

Dopo i costi della lettera di diffida possiamo passare ad analizzare quelli che sono i costi reali del decreto ingiuntivo in quanto tale.

Secondo quanto riportato oggi dal nostro ordinamento, è necessario procedere a diverse spese, tra le quali troviamo:

  • 42,50 euro per il contributo unificato;

  • 8,00 euro di marca da bollo;

  • 10,42 euro, da pagare due volte, per la copia del decreto;

  • 11,83 euro per la notifica del decreto: non si tratta di una somma fissa, perché potremmo dover pagare per ogni notifica; il soggetto avrebbe potuto infatti cambiare sede, risultare irreperibile, oppure rifiutare la consegna dell'atto; per ogni altro tentativo di notifica andremo a spendere 11,83 euro;

  • 168,00 euro per la registrazione dell'atto, presso il registro dell'Agenzia delle Entrate.

Siamo a 251 euro circa, senza calcolare il compenso dell'avvocato. Questo ammonta da tariffario vigente a 700 euro.

Siamo arrivati già a spendere 1.151 euro, senza che ancora all'orizzonte ci sia la possibilità di rientrare in possesso di quanto ci è dovuto.

Le somme sopra citate dovrebbero essere poi coperte dal debitore, a patto che questo abbia poi effettivamente modo di restituire la somma (talvolta può diventare difficile recuperare le somme, soprattutto nel caso in cui il soggetto sia nullatenente o comunque esposto ad altri debiti verso altri creditori).

E' finita? Nemmeno per sogno...

3 I costi del decreto ingiuntivo non terminano qui

Abbiamo già superato i mille euro e la cattiva notizia è che per dare esecuzione al nostro decreto ingiuntivo e quindi cominciare con i pignoramenti al fine di recuperare le somme che vantiamo a titolo di credito dal debitore, dovremo spendere altro denaro.

In primis va redatto l'atto di precetto:

  • costo della notifica: 11,83 euro;

  • compenso dell'avvocato: 100,000 euro da tariffario.

Nel caso in cui dovessimo procedere con quello che è l'esproprio presso terzi, dato che in Italia non è possibile individuare quali siano gli istituti bancari presso i quali il debitore potrebbe avere dei conti, l'avvocato dovrà procedere con la ricerca per tentativi.

Si può arrivare a spendere per questa ricerca una cifra vicina ai mille euro, nella speranza che il debitore abbia comunque ancora conti correnti attivi e che non siano stati pignorati da altri creditori.

Nel caso invece di pignoramento di beni immobili, le somme possono ulteriormente crescere, dato che andremo a spendere:

  • atto di pignoramento: 50 euro;

  • trascrizione presso la Conservatoria dei Registri Immobiliari: 250 euro;

  • iscrizione a ruolo presso il tribunale: 242 euro, più 8 euro di marca da bollo;

  • compenso dell'avvocato, che in caso di atti complessi di questo tipo può superare i 2.000 euro.

Come abbiamo visto dunque, per recuperare una somma anche minima, le spese da sostenere sono molte e consistenti.

Il minimo comunque per ottenere il decreto ingiuntivo supera i mille euro, ai quali dovrebbero essere aggiunti anche gli altri costi per il pignoramento presso terzi o dell'unità immobiliare.

Come avevamo detto in apertura, sono in molti e da moltissimo tempo ad avanzare critiche nei confronti di un sistema che rende particolarmente oneroso recuperare i crediti: soprattutto nel caso in cui questi fossero di lieve entità, i costi potrebbero essere anche doppi rispetto alla somma da recuperare, diventato poi proibitivi per quei creditori che non hanno somme così ingenti da mettere avanti.

Una tutela, quella dei creditori in Italia, che continua ad essere malfunzionante, estremamente complessa e costosa, non adeguata soprattutto nel caso in cui le somme da recuperare fossero non corpose al punto da giustificare spese che possono facilmente superare, nel caso in cui il pignoramento presso terzi non dovesse dare esiti fruttuosi, anche i 5.000 euro.

Starà al creditore valutare, anche in relazione a quella che è la propria consistenza patrimoniale e quella del credito da recuperare, quale sia il modo più giusto di procedere.

Di fronte ai costi del decreto ingiuntivo, è più che comprensibile, sono in moltissimi a rinunciare.

4 Le somme dovrebbero essere poi pagate dal debitore

Va ricordato in chiusura che le somme in questione dovrebbero essere poi recuperate dal debitore stesso, tenendo però conto del fatto che un debitore che ci ha fatto tanto penare per il recupero delle somme che ci sono dovute, difficilmente si comporterà in modo diverso per le somme che sono state spese tra onorari di avvocati, bolli, registrazioni e notifiche.

In chiusura, chi fosse certo dell'assoluta inconsistenza del patrimonio del debitore, farebbe forse bene a rinunciare, per quanto possa essere ingiusto, al decreto ingiuntivo, evitando di aggiungere al danno la beffa di trovarsi a pagare somme così elevate per atti che porteranno ad un nulla di fatto.


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